Le perdite su crediti sotto la lente del Fisco

Sono numerose le novità in materia di perdite su crediti. È quindi importante riepilogare gli ultimi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate e sgombrare il campo da possibili dubbi in merito ai crediti di modesto importo, alle perdite da procedure concorsuali e ai crediti prescritti.

La circolare n. 26/E del 1° agosto 2013 analizza le novità introdotte all’art. 101 del TUIR, dall’art. 33, comma 5, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134, in tema di  trattamento fiscale applicabile alle nuove ipotesi di deducibilità fiscale delle perdite su crediti.

Le novità interpretative riguardano:

  • le perdite di modesto importo;
  • le perdite da procedure concorsuali;
  • le perdite da crediti prescritti.

Elementi certi e precisi. La regola generale prevede che le perdite su crediti sono deducibili se risultano da “elementi certi e precisi” che vuol dire esclusione definitiva della possibilità di riscuotere in futuro, anche parzialmente, la partita creditoria.

Al riguardo va precisato:

  • gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso;
  • il credito si considera di modesta entità quando ammonta a un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione (con un volume d’affari non inferiore  a 100 milioni di euro) e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese.

Costituiscono, inoltre, “elementi certi e precisi” che legittimano la deduzione del credito:

  • i decreti che accertano lo stato di fuga, di latitanza o di irreperibilità del debitore;
  • la denuncia di furto di identità o di persistente assenza del debitore;
  • il verbale di pignoramento negativo a condizione che l’infruttuosità risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione del debitore.

Secondo la circolare, il concetto di modesta entità va formulato:

  • considerando il valore nominale del credito a prescindere da eventuali svalutazioni effettuate in sede contabile e fiscale;
  • assumendo il valore nominale del credito al netto degli eventuali importi incassati;
  • considerando anche l’IVA addebitata a titolo di rivalsa nei confronti del debitore;
  • considerando ogni singolo credito corrispondente ad ogni obbligazione posta in essere dalle controparti, indipendentemente dalla circostanza che, in relazione al medesimo debitore, sussistano al termine del periodo d’imposta più posizioni creditorie.

Nel concetto di crediti di modesta entità:

  • non assumono rilevanza gli interessi di mora e gli oneri accessori addebitati al debitore in caso di inadempimento (fiscalmente deducibili autonomamente rispetto al valore del credito);
  • restano esclusi eventuali crediti assistiti da garanzia assicurativa (l’inadempimento del debitore non genera perdita bensì un credito verso la compagnia assicuratrice).

Il fatto che i crediti vanno considerati singolarmente rappresenta un aspetto di assoluto rilievo. Infatti qualora nei confronti dello stesso soggetto siano vantati più crediti, ognuno di valore inferiore a 2.500 euro (o 5.000 euro) e scaduti da almeno sei mesi, gli stessi saranno tutti fiscalmente deducibili, anche se la sommatoria di tali crediti supera la soglia di deducibilità. Tale soluzione è applicabile esclusivamente in caso di obbligazioni riconducibili a rapporti giuridici autonomi e non anche nella diversa ipotesi in cui l’obbligazione derivi da un rapporto giuridico unitario tra le controparti.

Infatti, se le partite creditorie sono riconducibili allo stesso rapporto contrattuale (per esempio contratti di somministrazione), la valutazione della modesta entità va verificata prendendo a riferimento il saldo complessivo dei crediti scaduti da almeno sei mesi al termine del periodo d’imposta riconducibile allo stesso debitore e al medesimo rapporto contrattuale.

Le perdite da procedura concorsuale

Riguardo alle perdite a seguito di procedure concorsuali, la circolare precisa che l’individuazione dell’anno in cui va dedotta la perdita deve avvenire secondo i criteri della competenza a partire dalla data di apertura della procedura. Ciò significa che non necessariamente la deduzione deve avvenire nell’esercizio di apertura della procedura concorsuale, in quanto è necessario individuare l’anno in cui dedurre la perdita avvalendosi delle ordinarie regole di competenza, valutando l’effettiva possibilità di recupero sulla base dei documenti a disposizione. L’Agenzia aderisce alla tesi della giurisprudenza (Cass. N. 8822 del 1/6/2012) confermata dalla norma di comportamento n. 172/2008 dell’ADC, secondo cui è possibile dedurre la perdita in un esercizio diverso da quello in cui è stato dichiarato lo stato di insolvenza qualora il creditore sia in grado di dimostrare che la perdita sia avvenuta effettivamente in un momento successivo (per esempio approvazione piano di riparto dei crediti in un esercizio successivo alla dichiarazione di insolvenza).

Crediti prescritti

Gli “elementi certi e precisi” sussistono sempre in caso di crediti prescritti. La circolare conferma la possibilità (già adottata in passato) di dedurre, in caso di prescrizione, l’intero importo a prescindere dall’ammontare del credito vantato: vale a dire  la deducibilità opera sia con riferimento ai crediti di modesta entità (ossia quelli di importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese) che per quelli diversi.

In capo all’ufficio resta salva la possibilità di contestare l’inattività del creditore finalizzata ad una effettiva volontà liberale nei confronti del debitore.

È il caso di ricordare che la deduzione della perdita può derivare anche dai cosiddetti atti realizzativi di:

  • cessione del credito, che comporta la rilevazione di una perdita deducibile quando il credito fuoriesce definitivamente dalla sfera giuridica, patrimoniale ed economica del creditore (per esempio credito ceduto a banche o altri intermediari);
  • natura transattiva, che comporta la riduzione definitiva del debito o degli interessi originariamente stabiliti quando motivata dalle difficoltà finanziarie del debitore stesso. Nel caso la transazione derivi da una lite sulla fornitura, il componente negativo corrispondente non rappresenta una perdita su crediti ma una sopravvenienza passiva, per via del fatto che il corrispettivo rideterminato nel suo minore ammontare non è legato ad un’inadempienza del debitore ma è legato ad una modifica del rapporto commerciale bilaterale al fine di definire la lite sulla fornitura;
  • rinuncia del credito, in tal caso la perdita rilevata è originata da un atto unilaterale e può pertanto rappresentare un atto di liberalità indeducibile ai fini fiscali. Si ritiene che la deducibilità di una perdita evidenziata a seguito di un atto formale di remissione o di rinuncia al credito possa essere riconosciuta solo se la stessa risulti inerente all’attività d’impresa (e non appaia quindi come una liberalità). Tale inerenza può ritenersi verificata, in linea di principio, se sono dimostrate le ragioni di inconsistenza patrimoniale del debitore o di inopportunità della azioni esecutive (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 11329 del 29 agosto 2001).

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN