La revisione della maxisanzione per lavoro “in nero”

Dal 24 settembre 2015 sono entrate in vigore le novità relative al regime delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Ecco per voi un riepilogo schematico.

Con il D.Lgs. 14 settembre 2015 n. 151 viene rimodulata la disciplina delle sanzioni più ricorrenti in materia lavoristica, in adempimento al principio di delega che richiede una “revisione del regime delle sanzioni che tenga conto dell’eventuale natura formale della violazione, in modo da favorire l’immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, valorizzando gli istituti di tipo premiale”.

In merito alla maxisanzione per lavoro nero nulla cambia rispetto alla condotta integrante la fattispecie illecita: il comportamento sanzionato resta l’impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con l’esclusione del datore di lavoro domestico.

Di rilievo, invece, in quanto eliminata, la previsione di un trattamento sanzionatorio più favorevole per il caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo a quello prestato “in nero” (cd. maxisanzione affievolita) venendo così equiparata alla condotta tipica (cfr. Circ. Min. Lavoro n. 38/2010).

Con la nuova normativa il regime sanzionatorio viene modulato gradualmente “per fasce” in relazione alla durata del comportamento illecito:

  1. da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di effettivo lavoro;
  2. da euro 3.000 a euro 18.000 per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore da trentuno e sino a sessanta giorni di effettivo lavoro;
  3. da euro 6.000 a euro 36.000 per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore oltre sessanta giorni di effettivo lavoro.

Inoltre gli importi saranno aumentati del 20% nel caso di impiego di lavoratori stranieri non in possesso di un valido permesso di soggiorno o di minori in età non lavorativa. In questi casi non troverà poi applicazione l’istituto della diffida.

Il Ministero ha inoltre confermato come (cfr. Circ. n. 38/2010 ) non sia soggetto a maxisanzione quel datore di lavoro che, antecedentemente al primo accesso in azienda del personale ispettivo o di una eventuale convocazione per l’espletamento del tentativo di conciliazione monocratica, regolarizzi spontaneamente e integralmente, per l’intera durata, il rapporto di lavoro che era stato avviato in origine senza una preventiva comunicazione obbligatoria di instaurazione.

La maxisanzione, inoltre, ritorna ad essere diffidabile ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004. Rimanendo fermi gli adempimenti formali quali, ad esempio, l’istituzione/compilazione del libro unico del lavoro, la consegna della lettera di assunzione, la comunicazione al centro per l’impiego etc., si potrà procedere alla stipulazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell’orario di lavoro non superiore al 50%, o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi. I lavoratori così “regolarizzati” dovranno essere mantenuti in forza per un periodo non inferiore a 3 mesi. A tali contratti, inoltre, non è concedibile alcuna agevolazione contributiva poiché si realizza la violazione dell’art. 1, comma 1175 della legge n. 296/2006 che subordina l’acceso a benefici contributivi e normativi al rispetto degli “altri obblighi di legge” (Cfr Circ. Min. Lav. 26/2015).

Nei confronti dei lavoratori irregolari trovati “ancora in forza” al momento dell’accesso ispettivo, si ottempererà alla diffida nel termine complessivo di 120 giorni dalla notifica del verbale unico, mediante la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, dei seguenti adempimenti:

  1. la stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma;
  2. il mantenimento in servizio del lavoratore per almeno “tre mesi” e cioè almeno 90 giorni di calendario, da comprovare attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi e dei premi scaduti entro il termine di adempimento;
  3. il pagamento della maxisanzione;
  4. ai fini dell’adempimento alla diffida non è ammessa la stipula di un contratto di lavoro intermittente sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, in quanto si richiede un’evidente continuità del rapporto, certamente non compatibile con tale fattispecie contrattuale;

è opportuno poi rimandare alle considerazioni illustrate dal Ministero del Lavoro nella già citata Circolare del 12 ottobre 2015, n. 26 nella quale viene ribadito che, a prescindere dalla regolarizzazione del rapporto, resta fermo il recupero delle retribuzioni eventualmente non versate attraverso l’emanazione della diffida accertativa, così come del resto già chiarito con circ. n. 1/2013 (concernente la diffida accertativa per crediti patrimoniali – Profili interpretativi ed istruzioni operative).

Il Legislatore, poi, fa salva, in riferimento a taluni contenuti della diffida, l’ipotesi in cui i lavoratori “risultino regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo” a quello prestato “in nero”. Trattasi, in sostanza, della precedente fattispecie oggetto della c.d. maxisanzione  affievolita.

In tal caso, pertanto, la diffida non avrà ad oggetto la stipulazione del contratto secondo le tipologie previste dal Legislatore, né il conseguente mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi ma esclusivamente la regolarizzazione del periodo di lavoro prestato in “nero”.

Pertanto il datore di lavoro, nell’ordinario termine di 45 giorni dalla notifica della diffida, dovrà dare dimostrazione della “copertura” del precedente periodo di occupazione irregolare, rettificando la data di effettivo inizio del rapporto di lavoro, del pagamento delle sanzioni nella misura minima e dei contributi riferibili al periodo “in nero” (e ciò varrà anche nel caso in cui, al momento dell’accesso ispettivo, i lavoratori irregolarmente occupati non risultino più in forza).

Il personale ispettivo ammetterà direttamente il trasgressore al pagamento della sanzione amministrativa pari al minimo edittale (c.d. diffida ora per allora) nel caso in cui, prima della redazione del verbale, questi abbia già documentato gli adempimenti di cui alle lettere a), b) e c) sopra richiamati (regolarizzazione dell’intero periodo di lavoro prestato in “nero”, stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma, mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi e cioè almeno 90 giorni), ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi. In tal caso, il pagamento delle sanzioni andrà effettuato comunque entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale.

Nella circolare 26/2015, il Ministero ha inoltre chiarito anche il regime intertemporale applicabile. La norma, in caso di contestazione della maxisanzione, esclude l’applicazione delle ulteriori sanzioni di cui all’art. 19, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 276/2003 relative alla mancata comunicazione obbligatoria e alla mancata consegna della lettera di assunzione, nonché delle sanzioni relative alle violazioni in materia di Libro Unico del Lavoro il quale, evidentemente, non è mai compilato (o nei casi di prima assunzione mai istituito) qualora si faccia ricorso al lavoro “nero”.

Francesco Geria – LaborTre Studio Associato