Valutazione delle rimanenze di fine anno e OIC 13

Dato che la fine dell’anno si avvicina, passiamo in rassegna i principali aspetti trattati dall’OIC 13 – rimanenze, da ultimo aggiornato a dicembre 2016, che ha lo scopo di disciplinare i criteri per la rilevazione, classificazione e valutazione delle rimanenze di magazzino nonché le informazioni da presentare nella nota integrativa.

L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) è stato riconosciuto con la Legge n.116-2014, quale Istituto nazionale per i principi contabili.

Come è noto, essi soccorrono i redattori dei bilanci nell’interpretazione delle norme civilistiche, necessariamente essenziali, esercitando anche una funzione integrativa, laddove necessario.

Il principio contabile OIC 13 detta, tra l’altro, i criteri per:

  • la rilevazione
  • la classificazione
  • la valutazione

delle rimanenze di magazzino di merci, prodotti finiti, prodotti in corso di lavorazione, beni destinati alla produzione (materie prime, sussidiarie e di consumo, semilavorati), nell’ambito dei soggetti che redigono il bilancio in base alle disposizioni del nostro codice civile.

Innanzitutto è bene ricordare che devono considerarsi tra le rimanenze i beni sui quali si sono trasferiti i rischi e i benefici connessi all’acquisto.

Pertanto, dovranno escludersi dal computo delle rimanenze i beni di terzi in visione o in deposito o in conto lavorazione, presenti nei magazzini aziendali, così come al contrario, dovranno comprendersi i beni di proprietà depositati presso terzi, oppure viaggianti ma il cui trasferimento di rischi e benefici sia già avvenuto.

In particolare, considerando l’art. 2426 del codice civile, si prescrive che:

  1. le rimanenze riportate nell’attivo circolante sono iscritte al costo di acquisto o di produzione oppure, se minore, a quello di realizzo;
  2. il minore costo di realizzo non può essere mantenuto negli esercizi successivi se ne sono venuti meno i motivi;
  3. nel costo di acquisto si comprendono anche i costi accessori ad esso collegati (per es. di trasporto);
  4. nel costo di produzione si comprendono tutti i costi direttamente e indirettamente imputabili al prodotto sostenuti nel processo di produzione, per portarlo nelle condizioni e nel luogo in cui si trovano e quindi per la quota ragionevolmente imputabile ad essi, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato (es. manodopera e/o servizi diretti, ammortamenti e manutenzione macchinari atti alla produzione, direzione tecnica dello stabilimento);
  5. nel costo possono essere compresi gli oneri relativi al finanziamento della produzione (interna o presso terzi) solo per i beni che necessitano di tempo prima di essere venduti (fasi di maturazione o di invecchiamento);
  6. per costo di realizzo del bene deve intendersi il valore di vendita desumibile dall’andamento del mercato al netto dei costi diretti di vendita.

Inoltre, il costo dei beni dovrebbe essere determinato a costi specifici ma per i beni fungibili può essere calcolato, tra gli altri, con il metodo:

  • della media ponderata (costo medio nell’esercizio, tenuto conto delle quantità);
  • del primo entrato – primo uscito (FIFO) computando quindi le rimanenze ai prezzi più recenti;
  • dell’ultimo entrato – primo uscito (LIFO) computando quindi le rimanenze ai prezzi più remoti

ma se il valore così ottenuto differisce in maniera apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza dovrà essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa.

Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo