Cosa fare dopo la notifica di un atto impositivo?

Quali sono le alternative concesse al contribuente destinatario di un atto dell’Agenzia dell’Entrate o di un Agente della riscossione? Come eccepire l’illegittimità di un atto impositivo? Come instaurare il contenzioso tributario?

Il destinatario di un atto impositivo si trova di fronte a molteplici alternative:

  • la presentazione del “ricorso” innanzi alla Commissione tributaria provinciale;
  • la presentazione di un’istanza in autotutela;
  • la proposizione di un accertamento con adesione;
  • il pagamento.

Esaminiamole nel dettaglio.

Il ricorso

È il mezzo ordinario per resistere ad una pretesa erariale ritenuta illegittima o lesiva. È  utilizzabile in tutti i casi in cui il contribuente sia destinatario di un atto indicato nell’elenco di cui all’art. 19 d.lgs. 546/92, ossia: avviso di accertamento; avviso di liquidazione; atto di irrogazione di sanzioni; ruolo; cartella di pagamento; avviso di mora; iscrizione di ipoteca; fermo di beni mobili registrati; atti relativi alle operazioni catastali; rifiuto espresso o tacito di restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e oneri collegati; il diniego espresso o tacito o la revoca di agevolazioni, ed infine ogni altro atto per cui la legge prevede l’autonoma impugnabilità.

Si propone entro 60 giorni dalla notifica dell’atto o, nel caso di comportamento omissivo dell’Agenzia ad una richiesta di rimborso, entro il termine di 90 giorni dalla presentazione della relativa istanza.

Il ricorso va notificato entro i termini suddetti all’Amministrazione finanziaria, c.d. parte resistente, e successivamente depositato entro i successivi 30 giorni presso la Commissione tributaria per la costituzione in giudizio.

Deve necessariamente contenere: la Commissione tributaria provinciale competente; i dati del ricorrente; l’ufficio dell’ADE a cui è diretto; l’atto impugnato e la richiesta (ad esempio l’annullamento); i motivi e la sottoscrizione del difensore.

Contenuto eventuale del ricorso è la richiesta della sospensione del tributo quando vi sia il fondato motivo che possa derivarne un danno e la riserva avanzata dal contribuente appaia prima facie legittima.

La presentazione del ricorso è ammessa anche personalmente nel caso in cui la controversia abbia un valore inferiore a 3.000 euro.

Tramite la presentazione del ricorso s’instaura un procedimento di natura giudiziale innanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, collegio giudicante non togato (vi partecipano figure miste, magistrati, dipendenti dell’amministrazione pubblica, avvocati…), diretto a verificare l’ammissibilità delle riserve manifestate dal contribuente. Si conclude con una sentenza che potrà essere eventualmente impugnata innanzi alla Commissione tributaria regionale. Contro tale decisione è proponibile ricorso per Cassazione.

La presentazione del ricorso è suggerita in caso di infondatezza della pretesa. O se sono stati ravvisati vizi evidenti o potenziali dell’atto. Tuttavia, se non adeguatamente consigliati, è preferibile astenersi dal presentare ricorso e proporre piuttosto un rimedio diverso, avendo l’Amministrazione finanziaria una notevole caparbietà processuale.

Infine, è utile ricordare che è stato recentemente introdotto il: processo tributario telematico.

L’autotutela

L’autotutela corrisponde al potere-dovere dell’Amministrazione finanziaria di eliminare atti che siano viziati o errati. Può essere attivata sia dall’Ufficio autonomamente sia su istanza del contribuente.

Lo strumento presenta numerosi vantaggi rispetto al ricorso: non sono previsti termini, non comporta, in caso di istanze avanzate pretestuosamente, la condanna alle spese, non richiede assistenza tecnica, non ha requisiti formali.

Tuttavia, in seguito alla presentazione di un’istanza di tal genere, i termini per presentare ricorso non vengono sospesi. Pertanto, è errato confidare troppo nel presente strumento. Anche perché, come ampiamente riconosciuto dalla Giurisprudenza, l’annullamento di un atto in autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria ha natura discrezionale, anche in presenza di un illegittimità manifesta. Non v’è inoltre alcun onere di risposta.

Alla luce delle caratteristiche dello strumento, risulta utile presentare un’istanza di autotutela nell’immediatezza della notifica dell’atto impositivo, così da non precludere la possibilità di presentare ricorso o quando ormai siano decorsi i termini per l’impugnazione.

Per un approfondimento: l’autotutela.

L’accertamento con adesione

Disciplinato dal d.lgs. 218/97 è definito “concordato”. Costituisce, infatti, un accordo tra contribuente ed Amministrazione finanziaria.  Ha molti effetti premiali e costituisce un istituto deflattivo del contenzioso tributario.

Per ciò che concerne la procedura, può essere promosso sia dall’Agenzia, tramite un invito a comparire, sia da parte del contribuente tramite un’istanza di concordato. Non ha particolari requisiti formali o procedurali, può essere promosso sia prima della notifica di un avviso di accertamento che successivamente. In questo ultimo caso la presentazione o la ricezione dell’istanza comporta la sospensione dei termini per presentare ricorso per 90 giorni.

Costituisce, secondo alcuni, una transazione; secondo altra parte della dottrina, è una diversa espressione della potestà impositiva riservata allo stato nella veste dell’Amministrazione finanziaria.

Il contenuto dell’accordo acquista esecutività con il pagamento delle somme dovute dal contribuente entro il termine di 20 giorni dalla stipula; se contiene un credito, invece, nel giorno stesso di redazione.

Questi gli effetti:

  • non è impugnabile da parte del contribuente;
  • non è modificabile da parte dell’Ufficio. A condizione che non sopravvengano nuovi elementi che consentano di accertare un reddito superiore al 50% di quello accertato e in ogni caso non inferiore a 77.468,53 euro;
  • non rileva ai fini extratributari;
  • comporta l’esclusione di sanzioni di natura penale, salvo che per quelli di falso e frode fiscale nonché di omesso versamento di ritenute;
  • comporta la riduzione delle sanzioni ad un terzo del minimo.

Lo strumento risulta utile nel caso in cui il contribuente sia incappato in un errore e non gli sia ancora stato notificato il relativo avviso ovvero, se la pretesa tributaria, già oggetto di notifica, non dia adito a dubbi nell’an ma unicamente nel quantum. Allo “sconto” sanzionatorio, infatti, si aggiunge l’indubbio vantaggio di non dover affrontare un procedimento di natura giudiziale. Con innegabili vantaggi economici.

Il pagamento

Costituisce l’extrema ratio. In presenza di supposte difformità o errori, solo l’esito infausto dei rimedi concessi al contribuente deve condurre al pagamento degli importi accertati. Anche poiché l’inerzia conduce alla stabilità degli importi accertati che, se non oggetto d’impugnazione, diventano definitivi sebbene illegittimi.

Ciò detto, il debito tributario contenuto in un atto impositivo presuppone l’iscrizione a ruolo. L’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella di pagamento sono oggi meccanismi di riscossione residuali, essendo stata introdotta la c.d. concentrazione della riscossione nell’accertamento per le imposte sui redditi e l’Iva, per i quali l’atto di accertamento ha gli stessi effetti della cartella. Ovvero titolo per l’iscrizione delle somme a ruolo e per promuovere l’esecuzione forzata.

Preclusa ormai la possibilità di accedere al ravvedimento operoso (sul punto si veda ravvedimento frazionato), il contribuente deve adempiere al proprio debito entro il termine di 60 giorni dalla notifica. Trascorso inutilmente tale termine, l’Amministrazione finanziaria ha titolo per promuovere azioni esecutive e procedere finanche al pignoramento immobiliare (sempre che il debito sia superiore a 100.000 euro e il contribuente non possieda un unico immobile che sia adibito ad abitazione principale).

Il pagamento deve avvenire presso gli sportelli dell’agente della riscossione, le agenzie postali o le banche beneficiando, a seconda dei casi e dell’opportunità della rateizzazione delle somme iscritte a ruolo o della definizione agevolata per le quali si rimanda alle indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate.

Giuliano Marin