La soglia di tolleranza salva dal reato di evasione dell’IVA

Secondo la Corte di cassazione, l’imprenditore non è punibile per evasione IVA se supera solo di 10 mila euro la soglia di 250 mila. Il 4% è tollerato perché scatta la particolare tenuità del fatto.

È questo il principio affermato dalla Suprema corte con la sentenza numero 12906 del 25 marzo 2019, che aveva annullato la condanna a carico di un contribuente per aver evaso 259 mila euro di IVA. Il soggetto aveva lamentato:

  • l’assenza di dolo del reato scandito;
  • di aver sì evaso l’IVA ma di aver superato la soglia di poche migliaia di euro.

I giudici della Suprema corte non hanno condiviso la prima delle due ragioni del contribuente e hanno infatti ribadito il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la mancanza di liquidità non può giustificare il comportamento del contribuente. I giudici, in altri termini hanno ribadito che “il reato di omesso versamento IVA è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell’ordinario rischio di impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento dell’obbligazione fiscale contratta con l’erario. Tale elemento può rilevare come causa di forza maggiore di cui all’art. 45 codice penale, solo se siano assolti gli oneri di allegazione idonei a dimostrare non solo l’asserita crisi di liquidità, ma anche che detta crisi non sarebbe stata fronteggiabile tramite il ricorso ad apposite procedure da valutarsi in concreto, non ultimo il ricorso al credito bancario”.

Per quanto riguarda il secondo motivo del gravame, invece, i giudici di legittimità hanno precisato che:

  • la causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto”, prevista dall’art. 131 bis codice penale, è applicabile soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, fissata a euro 250.000,00 dall’art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000”;
  • la divergenza tra gli importi non versati dall’imprenditore e la soglia di non punibilità ammonta a poco meno di euro 10.000, importo che può ritenersi prossimo alla soglia predeterminata dal legislatore, discostandosi dalla stessa di meno del 4%, e che non preclude, conseguentemente, una valutazione positiva in termina di tenuità del fatto considerato”.

Per Piazza Cavour, insomma, non sussistono, nonostante quanto affermato dai giudici di merito, ulteriori elementi ostativi ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità.

Massimo D’Amico – Centro Studi CGN