Limiti della somministrazione e contratti a termine nel settore della metalmeccanica

La circolare di Federmeccanica datata 2 aprile 2019 offre lo spunto per analizzare brevemente alcuni aspetti controversi in materia di lavoro e stabilizzazione a tempo indeterminato nel settore della metalmeccanica, con particolare riferimento ai lavoratori impiegati attraverso somministrazione di lavoro con lo stesso committente.

Come noto, le imprese che ricorrono alla somministrazione hanno la possibilità di beneficiare di una prestazione lavorativa senza che ciò comporti l’assunzione di tutti gli oneri derivanti dall’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato.

Tuttavia, l’utilizzatore è comunque tenuto ad adempiere ad alcuni obblighi, tra cui:

  • Ogni 12 mesi, anche per il tramite delle associazioni dei datori di lavoro alle quali aderisce o conferisce mandato, deve comunicare alle RSA (o RSU), oppure, in sua mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano aziendale, il numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati (art. 36, co. 3 D.Lgs. n. 81/2015).
  • Annotare sul libro unico del lavoro i dati identificativi del lavoratore: nome, cognome, codice fiscale, qualifica, livello di inquadramento, agenzia di somministrazione (Circ. Min. Lav. n. 20/2008 e n. 13/2009).
  • Informare i lavoratori somministrati dei posti vacanti, affinché possano concorrere al pari dei dipendenti del medesimo utilizzatore, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato (art. 31, co. 3 D.Lgs. n. 81/2015).

In particolare, nel caso di assunzione a tempo determinato, il rapporto tra somministratore e lavoratore segue la nuova disciplina del contratto a tempo determinato introdotta dal cd. Decreto Dignità, con esclusione del c.d. “stop&go”, dei limiti quantitativi e dei diritti di precedenza per le assunzioni relative allo stesso inquadramento.

Il decreto dignità (D.L. 12 luglio 2018, n. 87), infatti, ha disposto che la contrattazione collettiva nazionale possa derogare rispetto ai limiti imposti rispetto alla durata dei contratti, fermo restando il limite disposto dall’articolo 23 del D.L.gs. n. 81/2015, cd. Jobs Act (numero complessivo di contratti a tempo determinato non superiore al 20% dei contratti a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio).

In ogni caso, il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere:

  • complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti;
  • in caso di risultato non intero il dato deve essere arrotondato all’unità superiore se esso è uguale o superiore a 0,5.

Sul punto, tuttavia, vi è da osservare come risultino esclusi dal computo i lavoratori in mobilità, i soggetti disoccupati da almeno 6 mesi, e i lavoratori svantaggiati, tra cui, nel dettaglio, rientrano:

  • i soggetti di età compresa tra i 15 e i 24 anni;
  • coloro che non possiedono un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o che non abbiano completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non abbiano ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;
  • i soggetti che abbiano superato i 50 anni di età;
  • gli adulti che vivono soli con una o più persone a carico;
  • gli occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici, se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato;
  • gli appartenenti a una minoranza etnica di uno Stato membro UE e che abbiano la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile”.

Poste le suddette premesse, la stessa circolare di Federmeccanica sottolinea come l’Accordo di rinnovo del CCNL delle Agenzie di somministrazione, abbia ridefinito la durata massima della successione dei contratti a termine tra Agenzia e Lavoratore, individuata dalla contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore. Per quanto riguarda il settore dell’Industria Metalmeccanica e della Installazione di Impianti, nello specifico, il limite di riferimento è fatto coincidere, con il limite massimo dei 44 mesi.

Con tale clausola, tuttavia, le parti non hanno inteso derogare ai limiti di durata previsti dalla legge in caso di successione di più contratti a termine bensì hanno introdotto un limite all’utilizzo del medesimo lavoratore presso la medesima azienda attraverso la “sommatoria” di contratti a termine e periodi di missione in somministrazione.

Dunque, si stabilisce espressamente che, se il lavoratore abbia svolto, presso la medesima azienda, sia periodi di lavoro con contratto a termine che periodi di lavoro in somministrazione e la “somma” dei periodi di lavoro svolti per queste due tipologie contrattuali superi i 44 mesi complessivi, anche non consecutivi, egli acquisisce il diritto ad essere assunto a tempo indeterminato.

Di conseguenza, nell’ipotesi di somministrazione di lavoro con il medesimo utilizzatore la durata massima delle missioni del lavoratore non può eccedere 12 mesi (ovvero di 24 mesi in presenza di una delle causali previste dalla legge.)

Francesco Geria – LaborTre Studio Associato