L’assegno una tantum erogato all’ex coniuge non è deducibile

Secondo quanto ribadito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 29178 del 12 novembre 2019, l’assegno una tantum corrisposto dal contribuente all’ex coniuge, pattuito nella causa di separazione, non è deducibile. Come noto, l’agevolazione di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c) spetta al contribuente che versa “periodicamente” l’assegno all’ex coniuge.

La vicenda

Un ufficio dell’Agenzia delle entrate aveva recuperato a tassazione l’assegno versato una tantum da un contribuente all’ex coniuge sulla base di un accordo stipulato in sede di separazione.

Nell’avviso di accertamento notificato dal contribuente, infatti, si legge che tale onere è non deducibile sulla base di quanto previsto dall’articolo 10, comma 1, lettera c) del Dpr n. 917/1986 secondo cui “dal reddito si deducono se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente: … c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge…”.

L’Agenzia delle entrate era ricorsa in Cassazione dopo la pronuncia dei giudici dell’appello, che avevano accolto le ragioni del contribuente, lamentando, in particolare, la violazione dell’articolo 10, comma 1, lettera c) Dpr n. 917/1986; secondo l’Amministrazione finanziaria, i giudici di secondo grado avevano erroneamente ritenuto oggetto di deducibilità l’assegno versato una tantum al coniuge, privo, quindi del necessario requisito di periodicità richiesto dalla legge.

La decisione della Corte

La Corte di cassazione ha accolto le ragioni dell’Agenzia delle entrate e ha ricordato che in numerose pronunce (Cassazione, sentenze n. 16462/2002 e n. 23659/2006) riguardanti il trattamento ai fini Irpef dell’assegno periodico concesso all’ex coniuge, viene stabilito che l’indeducibilità dello stesso “è dovuta al fatto che l’assegno una tantum definisce una volta per tutte i loro rapporti per mezzo di una attribuzione patrimoniale, producendo l’effetto di rendere non più rivedibili le condizioni pattuite, le quali restano così fissate definitivamente”.

In merito, la Cassazione ha anche ricordato che la stessa Corte costituzionale, con le ordinanze n. 383/2001 e n. 113/2007, ha più volte ribadito che l’agevolazione di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c) del Tuir, “in quanto norma agevolativa, non è suscettibile di estensione e ha natura e finalità diverse rispetto alla corresponsione una tantum”.

Pertanto, la Suprema corte ha cassato la sentenza di appello e rigettato il ricorso del contribuente.

Massimo D’Amico – Centro Studi CGN