Ratei percepiti dall’erede: perché non inserirli nella dichiarazione dei redditi?

Quando il contribuente riceve un’eredità, la stessa è soggetta all’Imposta sulle Successioni e sulle Donazioni con aliquote diverse in base al grado di parentela col de cuius. Diverso è il trattamento dei ratei maturati sui redditi di lavoro dipendente o pensione e non riscossi, per cui viene rilasciata una Certificazione Unica dal datore di lavoro o dall’INPS. Vediamo assieme come riconoscere quest’ultima casistica e in che modo deve operare l’erede in sede di elaborazione del dichiarativo.

Nel caso di rapporti di lavoro o pensione cessati mortis causa, sovente vi sono dei ratei spettanti e non riscossi dal soggetto defunto. Si tratta, a titolo esemplificativo, della quota maturata per la tredicesima mensilità o di elementi accessori del salario come lo straordinario e la reperibilità. Tutte queste somme, che solitamente sono oggetto di tassazione ordinaria, in questo specifico caso sono assoggettate a diversa imposizione. È l’art. 7, comma 3, del TUIR a chiarire che “In caso di morte dell’avente diritto i redditi che secondo le disposizioni relative alla categoria di appartenenza sono imputabili al periodo d’imposta in cui sono percepiti, determinati a norma delle disposizioni stesse, sono tassati separatamente a norma degli artt. 19 e 21”. Quindi, i medesimi importi che generalmente sono sottoposti a tassazione ordinaria, per il fatto stesso di essere percepiti da un erede vengono assoggettati a tassazione separata.

Come riconoscere le Certificazioni Uniche relative ai ratei non riscossi?

In questi casi il sostituto d’imposta (l’INPS se il de cuius era pensionato) è tenuto a redigere le Certificazioni Uniche sia per il defunto (con i redditi elargiti e le trattenute operate fino alla data del decesso) sia per gli eredi. Per avere chiara evidenza che trattasi di una CU trasmessa in favore degli eredi, è necessario verificare che:

  • al punto 8, nella casella riferita alle “categorie particolari” della sezione “dati relativi al dipendente, pensionato o altro percettore delle somme”, sia stata inserita la lettera Z;
  • nelle annotazioni sia stata riportata la seguente dicitura “AB: Somme corrisposte al percipiente in qualità di erede, di avente diritto ai sensi dell’art. 2122 del codice civile o ai sensi dell’art. 12-bis della legge n. 898 del 1970. Dati del deceduto: CF (…), dati anagrafici (…). Le somme indicate nei punti 1, 2, 3, 4 e 5 della Certificazione non devono essere riportate nella dichiarazione dei redditi; le somme indicate nel punto 801 costituiscono: eredità”.

Come deve agire l’erede in questi casi?

Come chiarito anche nelle annotazioni succitate, l’erede non è tenuto ad inserire le somme nel proprio dichiarativo, anche se in possesso di una Certificazione Unica a lui intestata. L’art. 23, comma 2, lettera e), del D.P.R. n. 600/1973, infatti, prevede che questi proventi siano sottoposti ad un’imposta sostitutiva pari all’aliquota del primo scaglione Irpef (23%). Trattandosi, quindi, di redditi assoggettati a tassazione separata e a titolo definitivo, tali importi non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini dell’imposta sulle persone fisiche.

Giulia Zanotto – Centro Studi CGN