I compensi percepiti dai lavoratori autonomi vanno sempre tassati per cassa

Il lavoratore autonomo che, prima di trasferirsi fuori dal territorio nazionale, effettua in Italia prestazioni per le quali l’incasso avviene quando ormai è residente all’estero, applica sulle somme incassate l’imposizione vigente al momento in cui i compensi sono effettivamente percepiti. È questo il principio che si desume dalla risposta ad interpello n. 512 dell’11 dicembre 2019 da parte dell’Agenzia delle entrate.

L’interpello

Il contribuente che ha presentato l’interrogazione all’Amministrazione finanziaria ha dichiarato di “aver fatturato prestazioni professionali negli ultimi mesi del 2018, anno in cui era fiscalmente residente in Italia e svolgeva in modo abituale attività di lavoro autonomo e che i relativi compensi sono incassati nel 2019, anno in cui ha residenza fiscale all’estero e non svolge più alcuna attività professionale nel nostro Paese”. L’istante, quindi, nel corso del mese di febbraio del 2019 si era trasferito in Spagna, dove aveva stabilito sia la propria dimora abituale sia il proprio domicilio, iscrivendosi peraltro anche all’Aire.

Considerato quanto sopra, l’istante ha chiesto di conoscere il trattamento fiscale dei compensi professionali incassati nel 2019, quando ormai era fiscalmente residente all’estero, in relazione alle prestazioni rese nel 2018, periodo in cui era fiscalmente residente in Italia.

Il quadro normativo

In linea generale, i compensi relativi all’attività di lavoro autonomo devono essere assoggettati a imposizione nel periodo di imposta in cui sono effettivamente percepiti; di contro, le spese possono essere dedotte nel periodo d’imposta nel quale sono state effettivamente sostenute.

I compensi di lavoro autonomo, così come sopra determinati, sono normalmente assoggettati a ritenuta alla fonte pari al 20% a titolo di acconto, se corrisposti da soggetti che rivestono la qualifica di sostituti di imposta. Tuttavia, se tali compensi sono corrisposti a soggetti non residenti nel territorio dello Stato, sulle somme percepite deve essere operata una ritenuta a titolo di imposta pari al 30%.

La risposta dell’Agenzia delle entrate

Ai fini delle imposte sul reddito, costante giurisprudenza (da ultimo la Corte di Cassazione, civ., Sez. V, con la sentenza 30 luglio 2014, n. 17306) ha ritenuto che, in caso di prestazioni fatturate dal professionista in un periodo di imposta precedente rispetto a quello dell’incasso, l’importo delle fatture emesse non concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo nel periodo di imposta della fatturazione, bensì in quello dell’effettivo incasso.

Considerato che le prestazioni professionali sono state effettuate nel territorio italiano negli ultimi mesi del 2018 e che i compensi sono stati effettivamente percepiti nel 2019, cioè nell’anno nel quale il contribuente aveva acquisito la residenza fiscale all’estero, l’Agenzia delle entrate ritiene che i compensi, ai fini della tassazione, debbano comunque assumere rilievo soltanto nell’anno di effettiva percezione.

Ne deriva, conclude l’Amministrazione finanziaria, che sui compensi percepiti dal professionista debba essere operata la ritenuta a titolo di imposta nella misura del 30%.

Massimo D’Amico – Centro Studi CGN