Lavoro domestico e GDPR: come interpretare il ruolo del Consulente del Lavoro?

Con il provvedimento dd. 22 gennaio 2019, il Garante della Privacy ha precisato che non è possibile stabilire a priori il ruolo del Consulente del lavoro, in quanto lo stesso dovrà essere considerato Titolare del trattamento quando tratta i dati personali dei suoi clienti, mentre dovrà essere nominato Responsabile quando tratta i dati dei dipendenti del suo cliente. La domanda che ci si pone è: ma tale principio può essere applicabile anche alla materia del lavoro domestico?

Tanto per cambiare, sul punto la dottrina non è concorde.

Difatti, taluni propendono per una interpretazione assolutamente rigida dell’art. 2 GDPR, secondo cui i trattamenti effettuati da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico non rientrano nell’ambito di applicazione del Regolamento europeo 679/16.

Per tale orientamento il datore di lavoro persona fisica, che sostanzialmente quindi non riveste anche il ruolo di sostituto di imposta, non può essere considerato Titolare del trattamento e quindi tale ruolo “traslerebbe” dal datore al professionista di cui il datore si avvale per la gestione del rapporto lavorativo (es. aspetti contrattuali, cedolini, ecc…) sul quale quindi andranno a gravare tutti gli obblighi rilevanti ai fini privacy tipici del Titolare del trattamento.

In realtà, tale opinione non sembra del tutto condivisibile, in quanto pare non considerare nel complesso tutti i trattamenti che possono venire in rilievo nell’ambito del rapporto lavorativo.

Un ulteriore orientamento, infatti, sostiene che è vero che la prestazione lavorativa consisterà nello svolgere i lavori domestici, ma ciò non implica necessariamente che la finalità sia domestica. Difatti, fra le parti si instaura un rapporto contrattuale dal quale derivano obbligazioni giuslavoristiche, fiscali, assistenziali ecc. che non possono definirsi per loro natura “trattamenti per finalità esclusivamente personali”.

Per questi motivi e al fine di mettersi al riparo da qualsiasi contestazione, pare opportuno consigliare una interpretazione prudente del dettato normativo, tenendo in considerazione anche la natura di Responsabile del trattamento fisiologicamente rivestita dal Consulente del Lavoro. Pertanto, anche per tali trattamenti, non sembra così peregrino ipotizzare il ruolo di Titolare del trattamento in capo al datore di lavoro, il quale dovrà – come sempre – procedere con la nomina a Responsabile del trattamento nei confronti del proprio professionista di fiducia.

Roberto De Bellis – Centro Studi CGN