Licenziamenti: ancora novità dopo la legge di conversione del Decreto Sostegni bis

A seguito dello “sblocco dei licenziamenti” per le aziende del settore industria e affini, che potevano accedere al trattamento ordinario di integrazione salariale in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 sino al 30 giugno 2021, analizziamo di seguito le disposizioni ancora in vigore che limitano la possibilità per i datori di lavoro di licenziare i propri dipendenti.

Datori di lavoro che usufruiscono di Cigd, Assegno ordinario, Cisoa

Il divieto di procedere con un licenziamento collettivo ovvero individuale per giustificato motivo oggettivo resta ancora in vigore, sino al 31 ottobre 2021, per i datori di lavoro che potenzialmente sono destinatari dei trattamenti di cassa integrazione guadagni in deroga e dell’assegno ordinario erogato dal Fondo di Integrazione Salariale ovvero da altri fondi (es. Fondo di Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato, Fondo Trentino) per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19 ai sensi del Decreto Legge del 22 marzo 2021, n. 41 convertito con modificazioni dalla Legge del 21 maggio 2021, n. 69 (28 settimane nel periodo compreso tra il 1° aprile 2021 e il 31 dicembre 2021).

Il divieto di estende anche ai datori di lavoro del settore agricolo che usufruiscono della Cisoa per un massimo di 120 giornate nel periodo 1° aprile – 31 dicembre 2021.

Con la Legge di conversione del Decreto Sostegni bis (Legge del 23 luglio 2021, n. 106) sono state introdotte ulteriori disposizioni in materia di licenziamenti, anche a seguito dell’abrogazione e conseguente recepimento da parte della medesima Legge di conversione del Decreto Legge del 30 giugno 2021, n. 99.

Datori di lavoro del settore industria e correlati

I datori di lavoro privati che potevano accedere alla Cigo Covid-19 (settore industria e correlati) che, a decorrere dal 1° luglio 2021 sospendono o riducono l’attività lavorativa e presentano domanda di integrazione salariale ordinaria o straordinaria ai sensi degli articoli 11 e 21 del Decreto Legislativo del 14 settembre 2015, n. 148 (Cigo e Cigs), sono soggetti all’applicazione del blocco dei licenziamenti per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021.

Per tali datori di lavoro resta, pertanto, precluso l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e le relative procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo

appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. È altresì, preclusa nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di

recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo e restano sospese le procedure di conciliazione in corso.

Le sospensioni e le preclusioni di cui sopra non si applicano nei seguenti casi:

  • di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile;
  • di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (NASpI);
  • di licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

Aziende settore industria che non possono accedere ai trattamenti ordinari e straordinari di cassa integrazione

Sono inoltre soggetti alle medesime disposizioni relative ai licenziamenti di cui sopra, i datori di lavoro che potevano accedere al trattamento ordinario di cassa integrazione sino al 30 giugno 2021 e che non possono ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale di cui al D.Lgs. n. 148/2015 (Cigo e Cigs), ma che accedono, anche per fronteggiare situazioni di particolare difficoltà economica presentate al Ministero dello Sviluppo Economico, al trattamento straordinario di integrazione salariale riconosciuto in deroga alle disposizioni relative alla durata massima complessiva degli ammortizzatori sociali nel quinquennio mobile, alla contribuzione addizionale, alla durata per gli interventi ordinari e straordinari di cassa integrazione (articoli 4, 5, 12 e 22 D.Lgs. n. 148/2015), per un massimo di 13 settimane fruibili fino al 31 dicembre 2021.

Settore industriale tessile, confezioni e abbigliamento

Fino al 31 ottobre 2021, resta infine precluso l’avvio di procedure di licenziamento collettivo ovvero di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo nei confronti dei datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili (identificati con i codici ATECO 13,14 e 15).

Tali settori sono beneficiari, a decorrere dal 1° luglio 2021, del trattamento ordinario di integrazione salariale Covid per una durata massima di 17 settimane nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021, per i lavoratori in forza al 30 giugno 2021.

Settori turismo, stabilimenti termali e commercio

Infine, si ricorda che sono soggetti al divieto di licenziamento anche i datori di lavoro privati dei settori del turismo e degli stabilimenti termali e del commercio, nonché del settore creativo, culturale e dello spettacolo che richiedono l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, fruibile entro il 31 dicembre 2021.

L’esonero contributivo è fruibile nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2021, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’Inail e ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Francesco Geria – LaborTre Studio Associato