Impresa familiare e collaboratori familiari

In che cosa consiste l’impresa familiare e che rapporti si possono configurare tra il titolare dell’impresa e i collaboratori familiari?

L’impresa familiare è regolata civilisticamente dall’art. 230 bis del codice civile e fiscalmente dall’art. 5 del TUIR.

Preliminarmente è bene chiarire che l’impresa familiare conserva la natura individuale in capo all’imprenditore nonostante sia composta dal titolare e da uno o più collaboratori familiari. L’art. 230 bis C.C. però prevede che le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all’impresa stessa.

I soggetti che possono fare parte dell’impresa familiare in qualità di collaboratori familiari sono: il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado dell’imprenditore, e quindi: i genitori, i figli e i loro figli (cioè i nipoti dell’imprenditore) e i loro rispettivi figli (cosiddetti pronipoti); i nonni e i bisnonni, i fratelli e le sorelle e i loro figli (cioè i nipoti dell’imprenditore), gli zii fratelli e sorelle dei genitori; i suoceri e i generi e le nuore, i cognati.

I collaboratori familiari che prestano continuativamente e, per la norma fiscale, anche prevalentemente, attività lavorativa nell’impresa familiare:

  • partecipano agli utili dell’impresa, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato;
  • non sono coinvolti nelle eventuali perdite d’esercizio, che pertanto restano interamente a carico del titolare d’impresa;
  • non sono coinvolti in una eventuale procedura di fallimento;
  • non sono coinvolti in un eventuale accertamento sul reddito d’impresa;
  • partecipano agli incrementi dell’azienda (compreso l’avviamento).

Per quest’ultimo motivo, alla data d’ingresso del collaboratore, è buona norma che il titolare rediga una situazione patrimoniale particolareggiata che sarà considerata “di partenza”, al fine della valutazione dei successivi incrementi aziendali.

La quantificazione dei diritti patrimoniali del collaboratore familiare potrà avvenire per es. in concomitanza alla cessazione del rapporto (sia volontaria che per cessazione d’attività) oppure a seguito di cessione d’azienda.

In questi casi l’incremento patrimoniale da riconoscere al collaboratore consisterà nella differenza del valore del patrimonio netto, tra la predetta situazione patrimoniale iniziale e quella che altrettanto sarà rilevata alla data di fuoriuscita del collaboratore, dall’impresa familiare (per qualsiasi motivo).

L’art. 5 comma 4 del D.P.R. n. 917/1986 richiede la costituzione dell’impresa familiare con atto pubblico o scrittura privata autenticata, anteriore all’inizio del periodo d’imposta, dal quale risulti il nominativo dei familiari partecipanti, l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, e la sottoscrizione di tutti i componenti (compreso il titolare).

A questo proposito, la circolare del Ministero delle Finanze n. 98/E del 17 maggio 2000, p. 1.5.3. ha  precisato che occorre distinguere due ipotesi:

  • quella in cui l’impresa sia già esistente e successivamente, nel corso dell’anno, venga enunciata la conduzione della stessa sotto la forma di impresa familiare;
  • quella in cui l’attività sia iniziata “ex novo” nel corso dell’anno sotto forma di impresa familiare.

Nel primo caso, l’atto, se formalizzato in data anteriore all’inizio dell’attività in forma d’impresa familiare, avrà effetto fiscale a decorrere dal periodo d’imposta successivo alla data dell’atto di enunciazione.

Nel secondo caso, l’atto, conformemente a quanto espresso dall’Amministrazione finanziaria con circolare 40 del 19 dicembre 1976, potrà produrre effetti fiscali dal periodo stesso, sempre che esso risulti posto in essere contestualmente all’inizio dell’attività e sia debitamente registrato nel termine fisso ordinario stabilito dalle disposizioni concernenti l’imposta di registro.

Il reddito dell’impresa familiare, fiscalmente, può essere attribuito ai familiari dell’imprenditore, limitatamente al 49% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi di quest’ultimo.

L’imputazione al collaboratore della quota del reddito d’impresa non rappresenta un costo per l’impresa individuale, ma è una parte degli utili – che quindi verranno ripartiti tra il titolare d’impresa e i collaboratori familiari.

Ogni anno, nella rispettiva dichiarazione dei redditi:

  • l’imprenditore indicherà le quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari nonché l’attestazione che le stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa, in modo continuativo e prevalente. Come riportato nelle istruzioni al QUADRO S REDDITI 2021 PF fascicolo 3, il titolare dell’impresa familiare, apponendo la firma nel frontespizio, oltre a sottoscrivere la dichiarazione, attesta anche che le quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa in modo continuativo e prevalente;
  • ciascun familiare attesterà di avere prestato la sua attività di lavoro nell’impresa, in modo continuativo e prevalente. Come riportato nelle istruzioni al QUADRO H REDDITI 2021 PF fascicolo 2, il familiare apponendo la firma nel frontespizio, oltre a sottoscrivere la dichiarazione, attesta anche di avere prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.

Ancora le istruzioni ministeriali al succitato modello PF fasc.2 redditi 2021 precisano che, nel caso in cui l’imprenditore, nell’ambito dell’attività dell’impresa familiare, si sia avvalso del regime “dei minimi” ovvero del regime forfetario, i collaboratori familiari sono esonerati dagli obblighi dichiarativi e di versamento riferibili al reddito ad essi imputato dall’imprenditore, in quanto l’imposta sul reddito prodotto dall’impresa familiare è stata versata interamente dall’imprenditore.

La cessazione dell’impresa familiare non deve essere necessariamente formalizzata in un atto notarile ma comunque è opportuno provare la circostanza attraverso un documento avente data certa (a parere di chi scrive anche un compiegato senza busta, spedito tramite il servizio postale). Ovviamente a ciò deve seguire la cancellazione del collaboratore familiare dalla gestione previdenziale INPS – INAIL e/o altre, accese all’atto dell’inizio della partecipazione all’impresa.

Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo