La normativa PSD2 (Direttiva UE 2015/2366 relativa ai servizi di pagamento) ha recentemente soffiato le candeline: a gennaio 2018 è entrata in vigore, ma il 14 settembre 2022 ha festeggiato i suoi primi tre anni di attuazione obbligatoria. Se da un lato si parla già di PSD3, al fine di abbattere gli ultimi ostacoli alla piena operatività di tutti gli intermediari del settore, dall’altro è giusto fare il punto sull’impatto positivo che questa normativa ha generato.
Di seguito cinque benefici, non esenti da margini di miglioramento, ottenuti con l’applicazione della direttiva:
- digitalizzazione: la direttiva mira a favorire lo sviluppo dei servizi di pagamento digitali con la conseguente riduzione degli strumenti tradizionali, in primis il contante. Questo input ha sicuramente dato i suoi frutti: sono aumentati gli acquisti a distanza (complice anche la pandemia), i prodotti sono sempre più frequentemente integrati con servizi di pagamento e vi è una gestione più trasparente (sia per l’utente che per la pubblica amministrazione) ed efficace delle risorse finanziarie. Di certo c’è ancora ampio margine perché una cultura digitale attecchisca appieno nel nostro paese, ma questi primi risultati fanno ben sperare;
- aumento delle tutele per il cliente: un mercato digitale deve essere anche un mercato sicuro per gli utenti, che in caso di mancanza di fiducia sarebbero dissuasi dall’utilizzo di queste nuove soluzioni. La PSD2, quindi, ha previsto una serie di strumenti per garantire tutele rafforzate per il cliente, tra cui spicca in particolare l’autenticazione forte del cliente (cd. SCA) ossia una procedura di identificazione a più fattori che riduce i rischi di frode;
- armonizzazione: tra gli obiettivi messi in atto dalla normativa vi è, appunto, quello di perseguire uniformità di gestione dei servizi di pagamento. Attraverso l’emanazione di una direttiva oggetto di comune attuazione è stato possibile ottenere: la standardizzazione del quadro legislativo e la garanzia di omogeneità di diritti e tutele dei cittadini europei. I risultati sono però parziali dal momento che alcuni adempimenti collegati al mondo dei pagamenti (a titolo esemplificativo quelli ai fini antiriciclaggio) sono regolamentati diversamente tra i diversi paesi UE, comportando, in base allo stato, maggiori o minori oneri in capo agli intermediari del settore e impedendo una completa standardizzazione europea dei servizi di pagamento;
- concorrenza: l’ammissione di nuovi player (dotati di apposite autorizzazioni) nel settore dei pagamenti ha perseguito l’obiettivo di liberalizzare il mercato. Questi operatori (tra cui i PISP e AISP), soggetti alla vigilanza delle Autorità bancarie nazionali, hanno immesso sul mercato prodotti nuovi, veloci e digitali. Se da un lato questo ha generato maggior concorrenza (spingendo anche le banche a innovarsi per restare al passo) a beneficio di cittadini e imprese, dall’altro ha dato vita un altro tipo di risultato: la creazione di partnership. Alcune banche hanno creato il proprio istituto di pagamento, altre hanno avviato collaborazioni con fintech. Quindi non solo competitors ma anche partner tecnologici e alleati per affrontare la digitalizzazione, in un’ottica di Open banking;
- customizzazione: sfruttando le potenzialità dell’Open banking e dell’Open data, per contrastare la concorrenza, i prodotti che vengono creati dai nuovi player (ma anche ripensati dalle banche tradizionali in partnership con fintech) sono sempre più a misura di cliente. Cuciti in base alle esigenze e capaci di mappare la situazione finanziaria nel dettaglio, i prodotti sono veloci, efficienti e capaci di rispondere alle necessità di specifici target di clientela.
L’ecosistema che si delinea, di maggior tutele ma anche collaborazioni, non è di certo privo di aree di miglioramento. La Commissione Europea proprio quest’anno ha avviato una consultazione pubblica per ottenere feedback in vista dell’elaborazione della PSD3. Staremo a vedere i frutti!
Giulia Zanotto – Centro Studi CGN