Contratti a termine: nuove modifiche dopo la conversione in Legge del Decreto Lavoro

Il Decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023) recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, in vigore dal 5 maggio, ha introdotto diverse novità in materia di lavoro ed è intervenuto anche sulla normativa relativa alle causali da apporre ai contratti di lavoro a termine in determinate situazioni. Tuttavia, in sede di conversione in Legge del Decreto (Legge 3 luglio 2023, n. 85), è stata ulteriormente modificata la disciplina del contratto a tempo determinato.

Le causali

A decorrere dal 5 maggio 2023, il contratto di lavoro a tempo determinato può avere una durata superiore ai 12 mesi e, comunque, entro il limite dei 24 mesi o del diverso termine previsto dalla contrattazione collettiva applicata, solamente nelle seguenti ipotesi:

  • nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del D.Lgs. n. 81/2015 ossia nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali o aziendali stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, ovvero dalle loro RSA o RSU;
  • in assenza di una disciplina da parte della contrattazione collettiva, anche aziendale e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
  • per la sostituzione di altri lavoratori.

Viene, inoltre, abrogata la disposizione che permetteva alla contrattazione di prevedere specifiche esigenze per apporre al contratto di lavoro un termine superiore a 12 mesi, valida sino al 30 settembre 2022.

La nuova disciplina individua, dunque, una sorta di gerarchia delle circostanze che permettono il superamento dei 12 mesi di contratto. I contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi stipulati dalle loro RSA o RSU rappresentano il primo strumento di identificazione delle causali contrattuali. Nel caso in cui le causali siano già identificate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale, queste dovranno essere ritenute le uniche valide; in difetto potrà intervenire la contrattazione aziendale ovvero, in mancanza di un contratto collettivo aziendale, le parti potranno accordarsi entro il 30 aprile 2024 e individuare un’esigenza di natura tecnica, organizzativa o produttiva.

Proroghe e rinnovi

Durante l’iter di conversione in Legge del Decreto Lavoro, il Legislatore è intervenuto con riferimento alla disciplina di proroghe e rinnovi contrattuali.

In particolare, dal 4 luglio 2023 (data di entrata in vigore della Legge n. 85/2023 di conversione del D.L. Lavoro) è possibile rinnovare e prorogare liberamente il contratto, senza necessità di apporre una causale, nei primi 12 mesi di durata del contratto, fermo restando la durata massima di 24 mesi.

Pertanto, in caso di proroga e di rinnovo del rapporto a termine, la causale è necessaria solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi.

Tuttavia, ai fini del computo del termine acausale di 12 mesi si tiene conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto (ossia dal 5 maggio 2023).

Per effetto delle modifiche introdotte, dunque, per le proroghe e i rinnovi ai fini del computo dei 12 mesi non si tiene conto del periodo temporale previsto dai contratti stipulati prima del 5 maggio 2023.

È in ogni caso necessario tenere conto del periodo già svolto, anche prima della data di entrata in vigore del Decreto Lavoro, ai fini del computo dei 24 mesi ovvero della maggior durata prevista massima del contratto a termine prevista dai contratti collettivi.

Resta in ogni caso salva la possibilità per le parti di stipulare un ulteriore contratto a termine, della durata massima di 12 mesi, presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente purché sussistano le causali disciplinate come sopra riportato.

Non sono state, invece, oggetto di modifica le disposizioni relative alle ipotesi di divieto di stipulazione di un contratto a termine, al numero massimo di proroghe che restano pertanto 4, al periodo di interruzione (stop&go) in caso di rinnovo del contratto (10 o 20 giorni a seconda della durata del contratto) e al numero complessivo di lavoratori a tempo determinato che possono essere assunti.

Francesco Geria – LaborTre Studio Associato