Le liberalizzazioni edilizie ampliano i benefici del 36-50% e del 55-65%

Nel cosiddetto decreto del fare, gli interventi in materia edilizia sono molteplici e ricadono in gran parte sul D.P.R. n. 380 del 2001, cosiddetto Testo Unico dell’edilizia. Il più significativo riguarda la modifica alla sagoma degli edifici che vengono ricostruiti o “ristrutturati”. Ma come si applicano le detrazioni fiscali del 36-50% e 55-65% a questo tipo di edifici?

Per comprendere appieno la novità introdotta, è necessario ricordare che, secondo il tenore letterale del Testo Unico in materia di Edilizia, nella definizione di ristrutturazione erano ricompresi gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente.

Con riguardo agli interventi di demolizione e ristrutturazione, l’art. 30, comma 1, lett. a) del D.L. n. 69 del 2013 ha ampliato la fattispecie della ristrutturazione, eliminando la condizione del rispetto della sagoma e ricomprendendovi anche la ricostruzione di edifici già crollati. Resta ferma, invece, la disciplina previgente soltanto per gli interventi di demolizione e ricostruzione aventi per oggetto fabbricati sottoposti a vincoli storico/culturali ed ambientali/paesaggistici come disciplinati dal D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004.

Ne consegue che devono essere ricompresi nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli:

  • consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria dell’edificio preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica. In altri termini, non sarà più necessario rispettare la sagoma preesistente, ma basterà rispettare la sola volumetria; sarà possibile, quindi, realizzare edifici aventi anche un perimetro orizzontale e verticale diverso da quello preesistente purché venga rispettata la medesima consistenza volumetrica, i limiti di altezza e di distanza dai confini e dagli altri fabbricati imposti dagli strumenti urbanistici;
  • volti al rispristino degli edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.

Si ricorda che, con particolare riferimento agli immobili sottoposti a vincolo di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto se viene rispettata non soltanto la volumetria ma anche la sagoma dell’edificio preesistente.

Sotto il profilo della documentazione amministrativa, le modifiche alla definizione di ristrutturazione edilizia hanno comportato la modifica della disposizione dell’art. 10, comma 1,  lett. c)  del D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico dell’edilizia). Pertanto, a decorrere dal 21 agosto 2013:

  • sono soggetti a permesso di costruire per effetto del richiamo dell’art. 10, co.1 lett. c) D.P.R: n. 380/2001 operato dall’art. 22, co.3 del medesimo Testo Unico dell’edilizia:
    • “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino a un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso”;
    • “gli interventi che comportino modificazioni della sagoma” solo se hanno per oggetto immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004;
  • sono invece soggetti a SCIA “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modificazioni della sagoma” sempreché abbiano per oggetto immobili non sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004. Tali interventi, prima delle modifiche introdotte dal D.L. n. 69 del 2013, erano invece soggetti a permesso di costruire.

I riflessi di natura fiscale

Stante quanto sopra precisato in materia edilizia, ne deriva che dal 21 agosto 2013, le detrazioni del 36-50% sulle ristrutturazioni edilizie e quelle del 55-65% relative al risparmio energetico possono essere usufruite anche nel caso di demolizione di un fabbricato e di “infedele” ricostruzione, senza che sia rispettata la sagoma preesistente.

Infatti, è bene ricordare che, per ciò che riguarda la detrazione Irpef (e IRES) del 55% sul risparmio energetico, ovvero la detrazione del  65% per le medesime spese sostenute a decorrere dal 6 giugno 2013 fino al 31 dicembre 2013 (30 giugno 2014 per i condomini), il paragrafo 2 della circolare n. 36/E del 31 maggio 2007, aveva precisato che “nel caso di ristrutturazioni con demolizione e ricostruzione si può accedere all’incentivo solo nel caso di fedele ricostruzione, ravvisando nelle altre fattispecie il concetto di nuova costruzione”. In base alla nuova definizione di ristrutturazione edilizia, dal 21 agosto 2013, anche per la demolizione e l’infedele ricostruzione sarà possibile beneficiare della detrazione Irpef ed IRES del 55% o del 65%.

A titolo esemplificativo, potranno essere ricompresi nell’infedele ricostruzione e usufruire dell’incentivo i lavori relativi a pannelli solari termici, l’esecuzione di un cappotto o di una coibentazione interna delle pareti perimetrali, oppure l’isolamento del tetto o del solaio di copertura, o ancora l’esecuzione di un cappotto sul soffitto del cantinato per isolare termicamente le stanze riscaldate che si trovano al piano superiore, caldaie a condensazione, etc., che nell’ambito della ricostruzione rispetteranno i requisiti ambientali. È opportuno ricordare, infine, che, in caso di demolizione e ricostruzione “con ampliamento” non spetta la detrazione in quanto l’intervento si considera “nuova costruzione” e non spetta nemmeno il bonus del 55 ovvero del 65% agli «interventi relativi ai lavori di ampliamento».

Nell’ambito della ristrutturazione, dal 21 agosto 2013, la demolizione di una vecchia abitazione e la sua ricostruzione con sagoma differente non è più considerata una nuova costruzione e, dunque, dal punto di visto amministrativo, sarà sufficiente la SCIA, in luogo del permesso di costruire o della DIA.

Massimo D’Amico – Centro Studi CGN