Congedo matrimoniale e altri eventi sospensivi del rapporto di lavoro: quale prevale?

Il congedo matrimoniale è disciplinato dal Contratto Collettivo Interconfederale del 31 maggio 1941 e dalla contrattazione collettiva che ne regolamenta le modalità di fruizione. I CCNL generalmente hanno ormai uniformato la disciplina degli operai a quella degli impiegati e l’unica differenza di rilievo tra le due categorie è rappresentata dal fatto che agli operai dipendenti da aziende industriali, artigiane o cooperative parte della retribuzione risulta corrisposta dall’Inps.

I lavoratori dipendenti hanno diritto alla fruizione di un congedo retribuito in occasione del matrimonio avente validità civile.

A seguito dell’entrata in vigore della legge che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso (L. 76/2016, c.d. legge “Cirinnà”), le disposizioni sul congedo matrimoniale sono applicabili, pertanto, anche in caso di unione civile (Circolare Inps 5 maggio 2017, n. 84).

È da chiarire come:

  • i contratti collettivi generalmente escludono dal diritto al congedo matrimoniale i lavoratori in prova;
  • l’assegno per congedo matrimoniale spetta anche al lavoratore extracomunitario che contrae matrimonio all’estero quando, oltre ad aver prestato la propria attività lavorativa presso l’azienda, risulta regolarmente residente in Italia da prima del matrimonio ed ha acquisito anche in Italia lo stato civile di coniugato (Circolare Inps 22 luglio 1992, n. 190).

Il congedo in via generale:

  • ha una durata di 15 giorni;
  • non può essere computato nel periodo di ferie annuali, né coincidere con il periodo di preavviso;
  • deve essere richiesto con un sufficiente anticipo (solitamente stabilito dai contratti collettivi).

I lavoratori possono usufruire del congedo matrimoniale anche più volte nell’arco della vita lavorativa, come ad esempio nel caso di vedovi o divorziati che si risposino.

Inoltre, in materia di decorrenza del diritto, se manca una specifica disciplina contrattuale collettiva il giorno delle nozze non deve necessariamente rientrare nei 15 giorni di congedo che, dunque, possono decorrere anche successivamente, purché non a distanza eccessiva da tale giorno. È sufficiente che il lavoratore richieda il congedo con congruo anticipo e che il periodo richiesto sia ragionevolmente connesso, in senso temporale, con la data delle nozze (Cassazione 6 giugno 2012 n. 9150).

I contratti collettivi, oltre a richiedere la presentazione al datore di lavoro della documentazione attestante l’avvenuta celebrazione del matrimonio, generalmente dispongono che durante il congedo matrimoniale sia corrisposta al lavoratore la normale retribuzione.

Per gli operai dipendenti da aziende industriali, artigiane o cooperative è prevista la corresponsione per 8 giorni consecutivi di un assegno per congedo matrimoniale a carico dell’Inps, di importo pari ad un massimo di 7 quote giornaliere della normale retribuzione, a condizione che il congedo sia effettivamente fruito e che il rapporto di lavoro sussista da almeno una settimana.

I CCNL generalmente stabiliscono l’obbligo per il datore di lavoro di:

  • integrare tale compenso fino a garantire all’operaio la normale retribuzione per i 15 giorni di durata del congedo;
  • anticipare al lavoratore anche il trattamento a carico dell’Inps, il cui importo è conguagliato attraverso la denuncia mensile Uniemens entro un anno dalla data del pagamento.

Le festività eventualmente cadenti durante l’assenza devono essere pagate in aggiunta a quanto versato a titolo di congedo.

Il calcolo dell’assegno è effettuato con modalità diverse, a seconda che si tratti di lavoratori a retribuzione fissa o a retribuzione oraria e quanto riconosciuto risulta utile ai fini del calcolo del TFR.

Le assenze nel periodo del matrimonio

L’assegno è corrisposto anche se il matrimonio avviene mentre il dipendente non è in servizio per un giustificato motivo (ad esempio, malattia o richiamo alle armi) ma non può essere cumulato con le prestazioni di sostegno al reddito (es. malattia, maternità, CIG e CIGS: questo poiché il valore del trattamento durante il congedo matrimoniale risulta più favorevole e pertanto è da intendersi sostitutivo delle altre prestazioni).

L’Inps, con la Circolare 23 ottobre 1992, n. 248 ha precisato come l’assegno per congedo matrimoniale, spettante a carico dell’Istituto ai lavoratori dell’industria e dell’artigianato, costituisca oggetto di un diritto soggettivo perfetto del lavoratore interessato, a condizione che lo stesso non sia assente ingiustificatamente dal servizio.

Questo però non comporta che, contemporaneamente alla corresponsione dell’assegno, possano o debbano essere corrisposti i trattamenti retributivi o sostitutivi della retribuzione previsti per lo stesso periodo a titolo diverso.

Ad esempio, per quanto concerne i trattamenti di integrazione salariale, infatti, deve escludersi in via di principio la spettanza, per mancanza dei presupposti che ne legittimano l’erogazione, in quanto, nel caso dell’assenza per contrarre matrimonio, la causa della mancata prestazione di lavoro è da ricondursi alla sfera decisionale del lavoratore e non ad alcuna delle motivazioni, ricollegabili ad eventi attinenti la situazione aziendale, che legittimano i provvedimenti di concessione dell’integrazione salariale, sia in regime ordinario che in quello straordinario.

È necessario, poi, tener presente che le integrazioni salariali sono corrisposte solo allorché, a seguito della sospensione (o riduzione) dell’attività lavorativa, si sia determinata una diminuzione della retribuzione e quindi la necessità di farvi fronte con un trattamento sostitutivo.

Alla stessa funzione (corresponsione di un trattamento sostitutivo della retribuzione) sono destinate le indennità di malattia e maternità.

Infatti, l’art. 6, secondo comma, della legge 11 gennaio 1943, n. 138, prevede che l’indennità di malattia a carico dell’Ente previdenziale non è dovuta quando il trattamento economico di malattia (vale a dire, il trattamento economico previsto per la durata del periodo della malattia) è corrisposto, per legge o per contratto collettivo, dal datore di lavoro o da altri enti in misura pari o superiore a quella fissata (per l’indennità stessa).

Pertanto, tenuto conto della interpretazione giurisprudenziale della Suprema Corte (Cass. Sez. Lav. 23 aprile 1982, n. 2522), secondo la quale ad un lavoratore il cui rapporto è sospeso per malattia “non può competere più di quanto sia riconosciuta al lavoratore non ammalato”, l’indennità di malattia non deve essere corrisposta per i periodi di erogazione dell’assegno per congedo matrimoniale a carico dell’Inps o di erogazione di analoghi trattamenti retributivi eventualmente a carico del datore di lavoro.

Stesse condizioni valgono per l’indennità di maternità, la quale deve essere corrisposta con gli stessi criteri previsti per l’erogazione delle prestazioni di malattia.

Invece, in caso di percezione di indennità giornaliera di inabilità per infortunio sul lavoro, in presenza delle condizioni di legge, questa deve essere necessariamente corrisposta e l’assegno per congedo matrimoniale può essere erogato in misura pari alla differenza tra l’importo spettante e quanto già erogato dall’Inail (Circ. INPS 22 luglio 1997 n. 164).

Francesco Geria – LaborTre Studio Associato