La flat tax del 15% per le lezioni private

La legge di bilancio 2019 (Art. 1, commi da 13 a 16, L. n. 145/2018) ha istituito un’imposta sostitutiva pari al 15% sui compensi derivanti dall’attività di lezioni private e ripetizioni svolta dai docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado. Ecco come funziona la nuova flat tax.

Il regime decorre dal 1° gennaio 2019 e sarà pienamente operativo a seguito del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, che dovrà stabilire le modalità per l’esercizio dell’opzione per la tassazione ordinaria nonché del versamento dell’acconto e del saldo dell’imposta sostitutiva.

Il nuovo istituto giuridico è riservato ai docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado che svolgono l’attività di lezioni private e ripetizioni. Ne deriva l’esclusione dalla misura in commento, a parità di prestazioni, dei soggetti diversi dai docenti. L’esclusione dovrebbe riguardare:

  • i docenti nella scuola statale senza titolarità di cattedra (coloro che, per esempio, sono inseriti nelle graduatorie di istituto, ovvero i cd. supplenti);
  • i soggetti che non svolgano attività di insegnamento nelle scuole, ovvero terzi in genere che fanno ripetizioni (si pensi al giovane laureato in giurisprudenza, che prepara gli studenti per concorsi vari).

I compensi derivanti dall’attività di lezioni private e ripetizioni sono tassati con un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 15%, versata entro i medesimi termini dell’IRPEF.

La norma non chiarisce la natura reddituale del compenso ma si limita a indicare a tipologia di attività svolta dal docente. La circostanza che resti facoltativo assoggettare detti compensi all’imposta sul reddito nei modi ordinari, facendoli confluire nel reddito complessivo IRPEF, porta, sia pure indirettamente, a considerare tali redditi tra quelli di lavoro autonomo (art. 53 del TUIR), oppure tra i redditi diversi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente (art. 67 co. 1 lett. l) del TUIR).

Restano in vigore le norme sul pubblico impiego (ex D.Lgs.n.165 del 30 marzo 2001, n. 165) che obbligano i dipendenti pubblici che svolgono l’attività di insegnamento a titolo privato a comunicare all’amministrazione di appartenenza l’esercizio di attività extra-professionale didattica, ai fini della verifica di eventuali situazioni di incompatibilità.

La norma in commento si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno dei pagamenti in nero nel’ambito del cosiddetto “dopo scuola”, tentando di introdurre norme di favore in un contesto polverizzato, difficile da controllare per via della miriade di prestazioni con importi modesti effettuati il più delle volte in contanti. Sarà interessante verificare i risultati concreti derivanti dall’applicazione della nuova normativa che, sebbene consenta di non cumulare detti compensi alla retribuzione da lavoro dipendente, così beneficiando di un carico tributario inferiore, si contrappone a una modalità operativa in uso che difficilmente potrà essere superata.

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN